PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO |
Regione: Campania |
Estensione: 7.259
ettari |
Anno di istituzione: 1995 |
Sede: piazza Municipio
8
80040 San Sebastiano
al Vesuvio (NA) |
Telefono: 081 7710911 |
Fax: 081 7718215 |
www.parks.it
www.vesuviopark.it |
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Briglie e palizzate, tecniche antiche e insieme innovative,
impatto ambientale prossimo allo zero. E migliaia di piante e milioni
di semi messi a dimora. Così il parco nazionale più “vulcanico” d’Italia,
quello del Vesuvio alle porte della metropoli partenopea, contrasta
con successo il dissesto geologico derivante dalla particolare natura
dei luoghi. A partire dal 1997, nel territorio del parco sono state
realizzate e sono tuttora in corso di realizzazione numerose opere di
sistemazione antierosiva e di consolidamento dei versanti, che rappresentano
un notevole patrimonio di esperienze per la sistemazione di aree instabili
in ambito mediterraneo montano, e in aggiunta protetto. Lavorare su
un territorio protetto come un parco nazionale, infatti, significa prima
di ogni cosa intervenire secondo criteri di compatibilità ambientale,
dando la preferenza ogni qual volta possibile alle tecniche dell’ingegneria
naturalistica che - come noto - è una disciplina tecnica che
utilizza le piante vive a fini antierosivi e di rinaturazione. Il fenomeno
era sotto gli occhi di tutti. Al momento dell’istituzione dell’area
protetta, nelle aree collinari e montane del territorio del parco (monte
Somma, cono del Vesuvio, versanti bassi e medi dell’apparato vulcanico)
esisteva una fitta rete di sentieri utilizzata nel passato per raggiungere
le aree boscate ed i coltivi, ma che serviva anche come scorciatoia
per raggiungere i centri abitati vesuviani più distanti, anziché compiere
il periplo del vulcano. La maggior parte di essi, alcuni dei quali carrabili
- denominati stradelli - si presentavano però in evidente stato
di dissesto, con numerosi smottamenti localizzati, che ne limitavano
notevolmente e in alcuni casi ne impedivano la percorribilità.
Difatti, in caso di forte e prolungata pioggia, la presenza di materiali
sciolti piroclastici nei canaloni che fungono da impluvi e la stessa
pendenza accentuata dei versanti favoriscono i processi di dissesto.
L’ente parco, dunque, si è posto come obiettivo primario
la sistemazione e la riapertura innanzi tutto dei sentieri sui versanti
settentrionali del monte Somma e sui versanti medi e bassi del Vesuvio,
dove erano maggiormente presenti situazioni di instabilità. Alle
falde del vulcano, poi, gli interventi di ingegneria naturalistica hanno
una lunga tradizione. D’inizio Novecento sono interventi documentati
sul Somma- Vesuvio, nel rispetto dei dettami di un regio decreto ministeriale
già del 1912. Da allora le tecniche si sono naturalmente affinate
e in tempi più recenti, con l’istituzione del parco, le
tecniche utilizzate prevedono solo attività a minimo impatto
ambientale e piccole attrezzature meccaniche come generatori, trapani
elettrici, motoseghe a scoppio, decespugliatori a zaino e mototrivelle
a scoppio. Ma il passato ha lasciato eredità da non disperdere.
Importanti esperienze sono state per esempio apprese dagli anziani del
luogo che, al fine di contenere il dilavamento delle acque meteoriche,
realizzavano fosse di assorbimento cilindriche di profondità media
di circa 80 cm. Tale antica procedura - che è stata ripresa e
sviluppata nei lavori attuali - svolge una funzione importante e necessaria
al fine di rallentare la velocità delle acque superficiali, minimizzando
cosí il problema del trasporto di materiale solido. Per la messa
in sicurezza dei sentieri occorreva in primo luogo realizzare briglie
lungo le scarpate, che sono state realizzate in legname e pietrame,
unitamente a muri a secco, palificate doppie di sostegno e opere di
regimazione idraulica. L’efficacia degli interventi viene oltre
tutto verificata quotidianamente dagli operatori del parco, in seguito
alle sollecitazioni meccaniche indotte dalla percorrenza dei sentieri
con jeep di servizio ed autobotti leggere di peso fino a 3 tonnellate.
Vanto del parco è poi la progettazione e la realizzazione di
due nuove strutture successivamente codificate nelle tipologie costruttive
dell’Aipin, l’Associazione italiana per l’ingegneria
naturalistica: e cioè la palificata viva “Vesuvio” e
la grata viva “Vesuvio”. Come già detto, l’ingegneria
naturalistica prevede anche l’utilizzo di materiale da costruzione
vivo, come essenze erbacee, arbustive ed arboree endemiche. Inizialmente,
raccontano al parco, è stato difficile reperire gli arbusti di
specie autoctone. In seguito le aziende hanno incrementato l’offerta,
ma per risolvere definitivamente il problema il parco ha destinato a
vivai per la riproduzione delle specie necessarie due aree con caratteristiche
ecologiche diverse, prese in affitto a questo scopo. Anche la reperibilità delle
talee ha presentato difficoltà per la notevole quantità necessaria;
sono stati individuati comunque alcuni siti di reperimento delle talee
di salice (Salix spp.) e di pioppo (Populus alba, P. tremula) con disponibilità di
diametri ridotti. Ulteriori problemi sono sorti durante la fase di trasporto
e conservazione delle specie vive, prima della messa a dimora definitiva.
All’atto dell’apertura dei cantieri la vegetazione esistente è stata,
di norma, tutelata in base alle procedure di lavoro che prevedono la
conservazione delle specie arbustive autoctone. La paleria utilizzata
usualmente misura un diametro variabile tra 6 e 18 cm: i pali di 8-12
cm vengono utilizzati per le staccionate e per le fosse di assorbimento
delle acque meteoriche, mentre pali di 16-18 cm sono usati per i rompitratta,
le palificate e le briglie. In alcune realizzazioni, a titolo sperimentale,
si è fatto uso di paleria di 10-12 cm per alcune palificate,
per monitorarne il comportamento nel tempo. Si è rilevato, sul
campo, che alcune palizzate dopo oltre trenta anni assolvono ancora
oggi la funzione di progetto; si è verificato che quelle completamente
disfatte sono solo quelle realizzate in aree con forti stress termici.
La cura dei particolari costruttivi rappresenta un elemento fondamentale
delle lavorazioni, dove emerge maggiormente la professionalità degli
operatori. Nel primo periodo, a seguito della constatazione di difetti
in alcune opere, si è proceduto al loro completo rifacimento
con l’obiettivo di formare e trasmettere agli operai (molti sono
ex Lsu provenienti da esperienze assai diverse) le giuste modalità operative.
Il maggior numero di errori si è riscontrato nelle dimensioni
dei materiali utilizzati sia vivi che morti. Si è proceduto,
inoltre, alla realizzazione di schede degli interventi realizzati e
si è avviata una campagna di monitoraggio al fine di valutare,
nel tempo, le attività connesse alla definizione degli stadi
funzionali ed alla variazione nel tempo delle caratteristiche delle
opere realizzate. Intanto la rete di percorsi sicuri e ben percorribili
si estende. Tra le più recenti inaugurazioni, quelle di due tracciati
per le escursioni in mountain bike che attraversano, rispettivamente,
la riserva forestale Tirone-Alto Vesuvio e i castagneti del monte Somma.
Il lavoro continua.
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