Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 4 - OTTOBRE 1991



Sui litolari delle aree vulcaniche della Sicilia nell'ambito della problematica ambientale
Salvatore Cucuzza Silvestri*

Nell'esaminare i vari problemi connessi con la "difesa ambientale" della fascia costiera dell' isola di Sicilia si ritiene opportuno mettere in evidenza che una parte di essa presenta caratteristiche geo-litologiche del tutto particolari: ci si riferisce ai litorali di natura vulcanica. Questi, sebbene in Sicilia si rinvengano - come è noto - numerosi vulcani, hanno uno sviluppo relativamente limitato e pertanto la loro salvaguardia non dovrebbe costituire un grande ed insormontabile problema, se si tiene conto almeno dell'estensione della fascia da proteggere.
Su questi particolari ambienti va concentrata l' attenzione per un complesso di elementi che, iniziando dalla genesi, dall'età, dal significato geo-stratigrafico, dalla costituzione fisicopetrografica, eccetera, giungono agli effetti dell'interazione con gli agenti esogeni (che ne hanno modificato l'assetto originario in modo assolutamente complesso e singolare) comportando infine una serie di aspetti di alto valore scientifico e paesistico, anche per le caratteristiche dell'impianto e dello sviluppo della vita vegetale ed animale, tanto nell'ambito degli ecosistemi subaerei quanto di quelli submarini. A ciò si aggiunge, ovviamente, la diversa e svariata gamma delle tipologie di insediamenti umani nel contesto della "colonizzazione" e dell"'uso del territorio" in senso lato.
In Sicilia si rinvengono i vulcani più attivi dell'area mediterranea: alcuni caratteristicamente raggruppati in semplici isole (come a Pantelleria, a Ustica e a Linosa), altri raggruppati in isole formanti un arcipelago (Eolie); a questi si aggiungono, naturalmente, il Distretto eruttivo Ibleo (detto anche "di Val di Noto") e l'Etna, che interessano il settore orientale della Sicilia.
Nell'analisi dell'ambiente costiero di questi vulcani (in atto non tutti "attivi" e con varie caratteristiche magmatologiche e fenomenologiche) si deve tener conto inizialmente delle condizioni della terraferma, e particolarmente di quella fascia più o meno ampia che si affaccia ad immediato contatto col mare. Tali condizioni vanno distinte in: primarie (o "naturali") ed in secondarie (o "antropiche").
Nel primo gruppo si possono evidenziare svariate tipologie geo-lito-vulcanologiche che spesso sono proprie di alcune aree e che non raramente sono del tutto singolari. Vanno pertanto distinti nell'area siciliana i seguenti tipi principali di litorale vulcanico: ad affioramenti di tufi (della Timpa di Acireale-Etna, dello Stromboli, di Vulcanello, di Panarea, di Lipari, di Linosa, di Ustica); ad affioramenti di ialoclastiti (Capo Passero, Agnone-litorale ibleo, Aci Castello); ad affioramenti di ignimbriti (Pantelleria, Lipari); a banchi di pomici (Lipari); a masse "basaltiche " intrusive (isole dei Ciclopi-Etna); a lave ossidianiche (Lipari); a lave compatte spesso bancate con varie morfologie superficiali: a corda, a blocchi scoriacei, a tumuli, eccetera. (litorale catanese, Pozzillo-Etna, Stromboli, Vulcano, Salina, Pantelleria); a lave colonnari di varia età (litorale dei Ciclopi, Acireale, litorale ibleo); a ialoclastiti attraversate da "dicchi efiloni" (Capo Passero, litorale ibleo); a lave e tufi attraversati da dicchi (Lipari, Stromboli, Vulcano).
Tutti i citati tipi di litorale, ovviamente, sono stati (e in parte lo sono tuttora) soggetti a processi di modificazione naturale collegati con fenomeni tettonici (formazione di scarpate più o meno imponenti, faglie, "timpe", eccetera) e bradisismici (confermati da spianate e terrazzi sollevati, eccetera), di enorme interesse anche perchè generalmente in relazione con le condizioni strutturali regionali.
Va aggiunto inoltre che i litorali vulcanici, di qualunque tipo e di qualunque età, presentano svariatissimi esempi di morfologie determinate dalla continua e spesso millenaria azione abrasiva del mare, con interessanti effetti di "erosione differenziale".
Vanno citate in proposito: le grotte marine, gli archi sul litorale e/o sugli scogli, le nicchie, i piccoli promontori e le corrispondenti insenature, le "caverne soffianti", nonché le "marmitte dei giganti", le "sculture alveolari", le merlettature di vario tipo, eccetera.
Le condizioni originarie di cui sopra sono tutte ulteriormente caratterizzate da vari altri elementi naturali che ne esaltano e ne accrescono l'interesse scientifico ed ambientale, quali, per esempio, i diversi aspetti dell'insediamento biologico-vegetazionale (che vanno dalla zona ad alghe, che si sviluppa in ambiente marino, fino alla "macchia" che interessa l'immediata fascia litoranea), aspetti fortemente influenzati dalla natura, dall'età e dalle condizioni fisico-litologiche del substrato vulcanico, oltre che da tutto il complesso dei fattori geografico-climatici del territorio. Tali aspetti biologico-vegetazionali (ai quali si associano talvolta anche particolarità significative di tipo faunistico) non raramente assumono caratteri eccezionali- anche con endemismi e specializzazioni - proprio per la singolarità dell'ambiente col quale costituiscono ormai inscindibili unità paesistiche.
Nel gruppo delle condizioni secondarie (o "antropiche") vanno considerate quelle prodotte in vario modo dall'uomo nell'ambito del cosiddetto processo di "colonizzazione". Esse comprendono: a) quelle a finalità abitative stabili (borghi marinari, paesi, città, eccetera); b) quelle a finalità turistiche più o meno stagionali (alberghi, ostelli, camping, villaggi turistici, lidi, locali di ristoro, ville, condomini, eccetera); c) quelle a finalità "portuali" (ripari, attracchi di vario tipo, argini, dighe, pennelli e moli foranei, porti, eccetera); d) quelle a finalità varie (opere di difesa militare, torrette, castelli, opifici e strutture a scopi industriali, nonchè discariche di materiale di risulta di ogni genere, cave di diverso tipo, eccetera).
Le trasformazioni che subisce l'ambiente costiero nell'ambito di tutto il complesso delle azioni antropiche sopra citate sono, ovviamente, molto varie e spesso notevolmente massicce, tutte ad effetto distruttivo che hanno portato, in moltissimi casi, alla scomparsa di eccezionali testimonianze geo-vulcanologiche di enorme valore scientifico e di non minore pregio paesistico.
Esse comportano infatti: cementificazioni del litorale; spianamenti spesso con distruzione anche della caratteristica vegetazione; costruzione di strade litoranee, di banchine, di parcheggi, di scale, di scivoli, di piste (talvolta anche da ballo ) eccetera; coperture e colmamenti di aree naturali a superficie irregolare, di cavità e di grotte, eccetera; costruzione di muraglioni e di moli di ogni tipo; eccetera.
A questi interventi diretti si aggiungono quelli indiretti, prodotti cioé dagli effetti di alcune delle costruzioni di cui sopra, eseguite senza preliminari approfonditi studi di programmazione.
Ciò riguarda, per esempio, l'accentuata erosione di tratti di litorale ad opera del forzato "spostamento indotto" dell'azione abrasiva del mare a causa del prolungamento o della costruzione ex novo di moli foranei, con il corrispondente accelerato colmamento di insenature e baie e di vasti settori di fondale presso altri tratti di litorale più o meno vicini.
Nel quadro di queste azioni indirette vanno considerati inoltre gli effetti, spesso di macroscopica portata, delle opere - programmate o abusive - eseguite lungo i corsi d' acqua più o meno perenni che interessano i litorali vulcanici o che sfociano in prossimità di essi. Qui ci si riferisce ai lavori di arginamento dei torrenti e dei fiumi, alle deviazioni artificiali di essi con creazione di nuove foci e/o di nuove confluenze, alla costruzione di dighe e di sbarramenti di vario tipo, alla creazione di una miriade di laghetti collinari, al prosciugamento artificiale di pantani e laghi, alla più o meno volontaria distruzione del manto vegetale dei versanti dei bacini interessati e/o al non ottimale rimboschimento di alcune aree dei bacini stessi, eccetera, opere tutte che influenzano in vario modo l'andamento delle acque fluenti, modificandone spesso in maniera abnorme il comportamento energetico, e che quindi sconvolgono le condizioni dell'apporto terrigeno con ovvie conseguenze negative sui litorali interessati.
Tutto il panorama di cui sopra, riguardante essenzialmente l' analisi fisico-geomorfologica della terraferma (con evidenti conseguenze anche sulla vegetazione e sulla fauna) si aggrava enormemente se si considerano i notevoli effetti connessi con le alterazioni dell'ambiente vulcanico costiero ad opera degli scarichi di "sostanze inquinanti" trasportate in sospensione o in soluzione dalle acque reflue, che giungono in mare o attraverso le fognature (più o meno ben costruite e controllate) o attraverso il sistema di circolazione idrica ipogea (generalmente fuori da ogni controllo igienico-sanitario ed ecologico ufficiale).
In proposito vanno distinte aree vulcaniche costiere permeabili -come in gran parte dei vulcani insulari circum-siciliani, attivi e non e aree vulcaniche costiere con substrato impermeabile appena affiorante o comunque non molto profondo - come nel litorale etneo e in gran parte di quello ibleo. Va in ogni caso tenuto presente che, oltre ai livelli argillosi del "basamento" su cui sorge l'edificio vulcanico, influenzano in modo più o meno accentuato le condizioni di permeabilità del sottosuolo dei vulcani siciliani, livelli ricchi di materiale eruttivo profondamente alterato (tufi più o meno argillificati, lenti di caolino, ialoclastiti e ignimbriti alquanto caolinizzate, eccetera). Condizioni tutte evidentemente da ben valutare sia in relazione alle strutture geo-tettoniche della regione (presenza di faglie, eccetera), sia in relazione alla presumibile esistenza di paleofiumi sepolti, sia infine in considerazione di tutte le caratteristiche dei livelli in questione: pendenza, consistenza, eccetera.
Si ritiene opportuno distinguere tra le cause che possono determinare il degrado per inquinamento delle fascie costiere in esame, in stretta relazione con quanto sopra detto a proposito delle condizioni secondarie (o "antropiche") dei litorali, oltre agli sbocchi in mare delle citate acque di fogna con scarichi più o meno prossimi alla costa (e/o con scarichi nei vicini corsi d'acqua), provenienti dalle costruzioni a fini abitativi stabili, anche le acque provenienti dai cosiddetti "pozzi neri" e da tutti gli scavi che comunque accolgono le acque reflue delle aree litoranee sulle quali sorgono manufatti a finalità ricettive turistiche e/o costruzioni a varie finalità. Vanno comprese fra queste ultime, oltre a quelle di tipo "tecnico-industriale" (cartiere, stabilimenti chimici, raffinerie, cantieri e officine di vario tipo, lavanderie industriali, concerie, eccetera), anche quelle collegate con attività di tipo agrario e zootecnico (serre, stalle, ovili, porcili, latterie, mattatoi, eccetera), nonchè altre più o meno direttamente connesse con i centri abitati (specialmente collegi, ospedali, cliniche, mercati vari, depositi e discariche di rifiuti urbani cimiteri, eccetera).
E' ovvio che tutti gli scarichi provenienti da gran parte delle costruzioni sopra elencate concorrono in maniera determinante non solo al degrado ambientale delle aree costiere, ma anche all'inquinamento delle falde idriche più o meno profonde, rappresentando pertanto un problema di enorme gravità e pericolosità dal punto di vista igienico-sanitario, che in certe aree va sempre più ingigantendosi ed al quale urge porre rimedio, prescindendo da ogni altra considerazione di tipo ecologico-ambientalistico.
L'analisi delle principali "cause" che determinano o comunque accrescono il degrado da inquinamento delle fasce costiere dei vulcani siciliani (fasce nelle quali si ritiene che esso sia fra i più elevati dell'intero sistema litorale del complesso insulare) va completata col mettere in opportuno risalto le variazioni stagionali di detto processo alterativo dell'ambiente, che é senz'altro da collegare con le condizioni climatiche (per esempio, con la totale assenza di piovosità nei mesi estivi) e soprattutto con le forti variazioni del "carico antropico" nelle diverse aree vulcaniche della Sicilia in funzione della cosiddetta attività turistica. Carico anche questo soggetto al succedersi delle stagioni, con "portate" spesso di entità talmente macroscopiche da mettere in crisi tutte le strutture di tipo ricettivo. Basti citare in proposito che in alcune isole eoliane "la popolazione estiva" aumenta perfino di un fattore 20, toccando in alcune annate fattore 30!
Né va trascurato l'aumento delle "cause" in questione, collegato con le comuni attività metropolitane ed industriali, che si verifica generalmente nei periodi autunnale e primaverile quando la bassa (e talvolta perfino assente) piovosità influenza notevolmente ed in modo sfavorevole le condizioni di diluizione degli "elementi inquinanti" nelle acque che comunque raggiungono il mare.
A conclusione, si ritiene che per garantire la salvaguardia almeno dei litorali delle sole zone vulcaniche della Sicilia, che - si ribadisce - hanno un ben modesto sviluppo rispetto all ' intero sistema costiero del complesso insulare, e dei loro mari urge tener presente l'insieme dei dati, delle caratteristiche geo-strutturali del sottosuolo delle fasce litoranee vulcaniche, oltre a quelli di tutti i fattori fisici e chimicobiologici che comunque alterano - ad opera soprattutto dell'intervento antropico - le condizioni naturali dei litorali, con gravi conseguenze negative non solo sull'ambiente vulcanico, ovunque di enorme valore scientifico e paesistico, ma anche sugli ecosistemi che solo dopo secoli e talvolta dopo millenni vi si sono instaurati.
Salvaguardia che dovrebbe comprendere anche il controllo di ogni tipo di interventi e d'insediamenti e che dovrebbe garantire, ove possibile (!), il ripristino delle condizioni "naturali" dei vari ambienti vulcanici dalla svariatissima gamma di caratteri litologici, morfologici e strutturali.
Problematica tutta che rientra - come lo scrivente ha sostenuto in altre occasioni - nei compiti primari della gestione di riserve e di parchi (anche marini), che si auspica siano al più presto ben funzionanti in tutti gli ambienti costieri delle aree vulcaniche della Sicilia.

*Vulcanologo all'Università di Catania