Dal 20 al 24 maggio 1991 si sono svolti a Firenze i lavori del "Primo Simposio Europeo sugli Ecosistemi Terrestri: Boschi e Foreste", organizzato dalla Commissione delle Comunità Europee insieme alla European Science Foundation ed al Consiglio Nazionale delle ricerche.
All'incontro hanno partecipato, provenienti da tutto il mondo, oltre 550 ricercatori e studiosi delle varie discipline afferenti all'ecologia forestale, con il fine di definire le priorità della ricerca e di orientare la futura azione politica comunitaria in campo ambientale.
Dall'analisi dei processi in atto nella biosfera emerge chiaramente la necessità di coordinare il lavoro di ecologi e politici affinchè la scienza divenga principio guida dell'azione legislativa della Commissione delle Comunità Europee (CCE); questa è la principale raccomandazione emersa dal simposio e sintetizzata nei loro interventi da Paolo Fasella e Philippe Bourdeau, della Divisione per la Scienza, la Ricerca e lo Sviluppo della CCE.
Sempre più spesso viene avvertita la necessità di uno stretto rapporto tra scienza e società. La comunità scientifica, però, incontra notevoli difficoltà nel farsi ascoltare dal mondo politico e spesso gli amministratori, nella difficoltà di trovare soluzioni che concilino i vari interessi sociali in gioco, non considerano adeguatamente ciò che la comunità scientifica suggerisce loro. Non sempre, inoltre, la ricerca si preoccupa, con sufficiente impegno, di divulgare quanto acquisito. Esistono così solo rari momenti di collaborazione e comunemente fra scienza e società esiste una netta ed insuperata cesura, con conseguenze negative per entrambe le parti. I parchi costituiscono un'occasione d'incontro ed i loro amministratori, che grande sensibilità mostrano verso l'ecologia, potrebbero operare quali educatori del mondo politico, da una parte, e di quello scientifico, per quanto concerne le discipline ecologiche, dall'altra. Dai parchi, laboratori per la gestione del territorio, dovrebbero diffondersi nel territorio restante nuovi criteri di intervento attenti sia alle esigenze sociali che alle caratteristiche proprie dei diversi ecosistemi.
Nella gestione degli ecosistemi è di fondamentale aiuto la comprensione dei processi che entro di questi si svolgono. Il simposio in questione ha presentato lo stato attuale delle conoscenze e le prospettive della ricerca nel campo dell'ecologia forestale, e pertanto può essere interessante analizzarne i principali temi di discussione.
Il convegno si è articolato in cinque giornate, svoltesi in parte in sessione plenaria, in parte in quattro diversi seminari paralleli riguardanti le risposte degli ecosistemi forestali ai cambiamenti della composizione chimica dell'atmosfera, del clima fisico, dell'uso del suolo ed al fenomeno degli incendi. Una giornata è stata dedicata ad escursioni tecniche, attraverso le quali i partecipanti hanno potuto esaminare particolari problematiche riguardanti la gestione e la conservazione degli ecosistemi mediterranei; grazie alla disponibilità ed al supporto logistico e scientifico del Parco Naturale di San Rossore-Migliarino Massaciuccoli e del parco Naturale della Maremma, ad esempio, oltre un centinaio di ricercatori stranieri ha potuto visitare le pinete litoranee, le formazioni di macchia mediterranea ed alcuni particolari ecotopi della costa tirrenica toscana.
Dai cinque giorni del simposio è innanzi tutto emerso che, negli ultimi anni, sono avvenuti grandi mutamenti nella biosfera. L'ecologia forestale, quindi, oltre a proseguire i tradizionali studi su strutture e processi ecosistemici e sull'influenza dei fattori naturali ed antropogenici su di essi, ha dovuto affrontare nuovi problemi, legati alla nuova situazione delineatasi. Così, particolare rilievo hanno avuto dapprima le ricerche volte ad approntare nuove metodologie per lo studio degli attuali problemi legati ai vari tipi di inquinamento esistenti sul pianeta. Numerosi, ad esempio, sono gli studi svolti per una corretta simulazione matematica, attraverso modelli, dello scenario attuale. Per adesso non possediamo metodi del tutto soddisfacenti per la risoluzione dei vari problemi; comunque, con l'ausilio di quelli disponibili, qualcosa è già stato realizzato ed attraverso gli studi condotti si è avuto conferma di una situazione di mutamento globale dei fattori ambientali. E' stato infatti recentemente messo in evidenza, da più ricercatori, come fino ad ora la comunità scientifica internazionale abbia preso in considerazione soltanto i mutamenti climatici conseguenti all'alterazione della composizione chimica dell'atmosfera, dovuta all'emissione di sostanze inquinanti da parte delle varie attività antropiche, senza invece considerare adeguatamente aspetti oggi chiaramente percettibili, quali i cambiamenti della composizione e della struttura della vegetazione e, ulteriore evoluzione del processo, le profonde modifiche delle proprietà dei suoli che portano a mutamenti nei cicli degli elementi nutritivi negli ecosistemi. Poco studiato è pure l'effetto dei cambiamenti dell'uso del suolo sugli ecosistemi (marginalizzazione delle terre, intensivizzazione delle colture agrarie, diffusione di specie forestali esotiche). Occorre studiare più accuratamente le implicazioni ecologiche di fenomeni e processi sociali, spesso determinanti nel delineare le caratteristiche degli ecosistemi; l'uomo è presente negli ecosistemi ed influenza l'evoluzione di questi. Basti ricordare come dalla sovrautilizzazione del bosco e da estesi dissodamenti, con conseguente impoverimento in biomassa, elementi minerali e diversità biologica, si sia passati, in qualche decennio, ad una minor pressione antropica sul bosco e quindi all'aumento delle superfici boscate, all'accumulo di biomassa e ad una diversa composizione floristica.
Non stiamo più, insomma, assistendo a forme più o meno gravi di inquinamento, ma, ormai, a diffuse modifiche ambientali accelerate dall'uomo, di proporzione e con velocità tali che risulta difficile prevedere se la natura riuscirà ad adeguarvisi evolutivamente, considerato anche il generale impoverimento della diversità genetica. Le domande più importanti che attualmente la ricerca si pone concernono le capacità degli ecosistemi terrestri ad adattarsi ai mutati fattori ambientali. Rimangono ancora dubbi circa il punto oltre il quale gli ecosistemi non potranno più adeguarsi ai mutamenti ambientali con le proprie capacità di autoregolazione.
La storia forestale, attraverso le analisi polliniche, gli studi paleoecologici e quelli dendrocronologici, mostra come gli ecosistemi terrestri siano sempre stati in continua ricerca di un equilibrio dinamico nella biosfera, e come essi abbiano avuto in passato la capacità di reagire a profondi mutamenti del clima chimico e fisico. Il problema è riuscire a prevedere se gli ecosistemi siano in grado di rispondere a mutamenti, quali quelli prospettati, che si verificano rapidamente; infatti, se nel periodo post-glaciale sono stati registrati innalzamenti della temperatura di un grado Celsius al secolo, ora si prospettano incrementi di due o tre gradi nel giro di pochi decenni. Per poter valutare le possibili conseguenze di questo cambiamento globale, per la proiezione della dinamica della composizione e della biomassa di ecosistemi forestali di numerose parti della Terra, vengono impiegati, come già detto, dei modelli matematici di simulazione, ma è difficile l'individuazione dei fattori ambientali da considerare nei modelli al fine di una fedele riproduzione dello scenario attuale. Risulta palese che il problema è complesso ed è difficile riuscire a considerare tutte le variabili in gioco: con le dinamiche vegetazionali vengono infatti ad interagire suolo, clima, attività antropica e comunità animali; volendo, per esempio, considerare anche solo queste ultime, 1 ' evoluzione della vegetazione verso la foresta implica notevoli cambiamenti nella fauna, e quest'ultima, d'altra parte, svolge un'importante azione sulla foresta, tramite dispersione dei semi e pascolo. E' difficile quantificare tutte le relazioni esistenti.
Sono ancora molte, dunque, le conoscenze da acquisire per poter delineare la reazione degli ecosistemi alle modifiche ambientali previste. Occorre ancora, ad esempio, approfondire le nostre conoscenze sui cicli degli elementi all'interno degli ecosistemi. In particolare urge studiare i cicli biogeochimici nei loro rapporti con le deposizioni atmosferiche, il ruolo dei microrganismi del suolo e delle micorrize e l'influenza della composizione floristica della vegetazione sull'evoluzione della sostanza organica. In ambito biochimico, inoltre, risultano ancora poco sviluppate le ricerche sulla denitrificazione in suoli forestali, fenomeno che riveste una notevole importanza, per il ruolo svolto nel ciclo dell'azoto e per le implicazioni riferibili al fenomeno dell'effetto serra. Sembra comunque ormai vicino il momento in cui sarà possibile classificare sistematicamente gli ecosistemi forestali sulla base del bilancio dei nutrienti. Una sistematica degli ecosistemi sarebbe indubbiamente un grande successo ed offrirebbe senz'altro enormi vantaggi per l'applicazione di criteri di gestione più adeguati, più confacenti, nel dettaglio, alle diverse situazioni particolari.
Accanto ad un giustificato motivo di allarme per lo stato della biosfera, occorre ricordare come poco chiaro sia ancora nei dettagli ciò che sta avvenendo su scala planetaria. Gli effetti dell'inquinamento derivante dalle attività antropiche sono molteplici e complessi: è stato ad esempio rilevato da ricercatori tedeschi come, accanto al fenomeno del declino delle foreste registrato sin dalla fine degli anni '70, vi sia stato, a partire dagli anni '50, un continuo aumento della produttività forestale, presumibilmente dovuto sia alle modifiche del clima chimico (abbondanza di azoto, fino a rendere saturi i suoli) e fisico (innalzamento della temperatura), sia alla minore pressione di pratiche secolari di asportazione di biomassa dal bosco. In pratica, gli stessi fattori possono da una parte aumentare la produttività delle foreste e dall'altra predisporle alla malattia.
Le ricerche effettuate, e le azioni intraprese dal mondo politico d ' intesa con la comunità scientifica, hanno già dato qualche risultato di tipo applicativo. Ma quanto è stato fatto non basta. E' l'esempio dell'azione condotta per far fronte ai cambiamenti della composizione chimica dell'atmosfera: da recenti studi è emerso che le misure adottate dai vari Paesi per il controllo delle emissioni di ossidi di zolfo hanno effettivamente determinato una riduzione di questi nell'atmosfera. L'attuale aumento delle emissioni di ossidi di azoto, però, determina comunque l'incremento dell'acidità complessiva delle deposizioni. E' dunque l'azoto il problema di maggiore attualità e numerosi sono ormai gli esempi di suoli saturi di azoto; l'eccesso di azoto nel suolo determina, da una parte, come già detto, aumenti di produzione, dall'altra, acidificazione delle soluzioni circolanti nel terreno con relative conseguenze sui cicli biogeochimici e cambiamenti della composizione e struttura delle formazioni vegetazionali: l'eccesso di nitrati e nitriti nel suolo porta inoltre a forti perdite di questi per dilavamento e quindi a fenomeni di eutrofizzazione. Occorre dunque, da parte della società, senz'indugio ridurre le emissioni di ossidi di azoto; alla scienza resta il compito di approfondire la conoscenza sul ciclo dell'azoto e sulle sue interrelazioni con quello del carbonio e con i processi di solubilizzazione dell'alluminio. Un argomento ancora troppo poco studiato è anche quello dei metalli pesanti, delle capacità di asportazione di essi da parte delle piante e del ruolo che i microrganismi del suolo sono in grado di giocare in questo processo. Da un punto di vista gestionale, pare ormai comunque chiaro che bisogna innanzitutto favorire la diffusione di latifoglie e soprattutto mantenere giovani i boschi, in quanto è negli stadi giovanili che le piante presentano tassi di crescita e dunque fabbisogni di nitrati più elevati. Questo, ad esempio, dimostra che una esagerata forma di protezionismo può nuocere al bosco. Occorre piuttosto una selvicoltura naturalistica attenta alle esigenze dei diversi ecosistemi.
Per l'esame dei fenomeni vegetazionali conseguenti all'alterazione del clima terrestre, oltre allo studio di "aree di transizione" fra ecosistemi diversi (ecotoni) quali il limite superiore del bosco, che nella Lapponia svedese si è già innalzato di 60 metri, occorre adottare rilevamenti a transect a scala geografica. Un valido esempio di questo tipo di approccio di studio è offerto dal rilevamento a transect europeo attualmente utilizzato nell'ambito di un progetto Forest European Research Network della European Science Foundation: esso studia come varia la decomposizione della sostanza organica al variare della temperatura e della latitudine.
Un altro fenomeno molto studiato negli ultimi anni dagli ecologi forestali, data la rilevanza di esso, è quello degli incendi e della reazione delle foreste a questi. Occorre rimarcare come 1 'incidenza del fuoco dipenda strettamente dalle trasformazioni del paesaggio e quindi dall'uso del suolo. Per una migliore comprensione del fatto è sufficiente considerare come negli ultimi anni, allo spopolamento delle zone rurali ed alla riduzione, in Europa, delle utilizzazioni forestali abbiano fatto seguito un aumento della superficie boscata ed un incremento di materiale combustibile che, accompagnato alla minore sorveglianza dell'uomo sulle terre boscate rispetto a quella sulle colture agrarie, ha determinato una maggiore vulnerabilità degli ecosistemi agli incendi. E' pertanto necessario, da parte dei nostri governi, rendere conveniente la presenza dell'uomo sul territorio, al fine di favorire la diversificazione del paesaggio a scala di dettaglio per far fronte al pericolo del fuoco. La ricerca dovrà approfondire le proprie conoscenze sulla storia degli incendi, sul loro impatto, intensità e frequenza, sul comportamento delle diverse specie vegetali al passaggio del fuoco, nonchè sull'influenza esercitata da questo su idrologia e suolo.
Per poter affrontare i problemi prospettati, è evidente, come primo passo, la necessità di un razionale e diversificato uso del suolo che tenga conto delle caratteristiche dei vari ecosistemi, rendendo quanto più possibile eterogeneo il paesaggio. Perchè questo sia reso possibile, occorre uno stretto collegamento fra scienza, politica e gestione del territorio.
I parchi e le riserve, accanto alle altre tradizionali funzioni, dovrebbero avere anche il compito di fungere da tramite fra comunità scientifica e mondo politico, per l'elaborazione di nuove politiche di gestione del territorio.
*Borsista Ministero Agricoltura e Foreste. Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo |