(25 Ott 24) Si avvia alla conclusione il progetto Life Drylands: è il momento di presentare i primi risultati delle azioni di "restauro" delle zone aride a rischio tra Piemonte e Lombardia, in 8 siti Rete Natura 2000.
Finanziato dall'Unione Europea e dalla Fondazione Cariplo per un totale di 1,3 milioni di euro, il progetto ideato e condotto dall'Università di Pavia (Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente) ha preso il via nel 2019 grazie anche a una rete di partner che comprende l'Ente di gestione delle Aree Protette del Po piemontese oltre all'Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore, la Rete degli Orti Botanici della Lombardia, l'Università di Bologna, il Parco Lombardo della Valle del Ticino,
I risultati raggiunti saranno illustrati il 20 febbraio 2025 in occasione del convegno conclusivo.
A inizio ottobre, Silvia Assini, coordinatrice scientifica del progetto, ha presentato le azioni intraprese e i primi risultati al team di monitoraggio che ha il compito di verificare l'avanzamento del progetto.
Durante le visite sul campo, il gruppo dei referenti europei ha verificato come gli interventi realizzati abbiano migliorato la struttura delle praterie e delle brughiere, riducendone notevolmente la componente arborea e favorendo l'affermazione e la ricolonizzazione degli habitat restaurati da parte di alcune specie vegetali tipiche.
Tra i presenti anche Joseph Van Der Stegen, referente dell'European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency, l'agenzia della Commissione Europea che si occupa di attuare i programmi di finanziamento per la tutela dell'ambiente.
Van Der Stegen si è mostrato particolarmente colpito dai risultati delle azioni di ripristino degli habitat. La rimozione di alberi invasivi, lo sfalcio, l'inversione del suolo e la messa a dimora di specie erbacee hanno permesso la crescita delle popolazioni di alcune specie vegetali, come Salix rosmarinifolia, Gentiana pneumonanthe, Linaria pellisseriana, Orchis spp., ma anche di farfalle e impollinatori, come dimostrano i dati dei monitoraggi naturalistici.
Le zone aride – Drylands - sono poco note al grande pubblico: non adatte alle attività agricole, spesso sono abbandonate oppure, se tutelate, restano fuori dai canonici percorsi di trekking. Occorre quindi sensibilizzare il pubblico riguardo alla necessità di tutelarne la biodiversità.
Gli habitat oggetto degli interventi di restauro sono le brughiere (H4030), le praterie aride (H6210) e i corineforeti o dossi sabbiosi (H2330): sono spesso fortemente degradati, per la frammentazione causata dalle attività antropiche, per l'incuria e l'inquinamento. Molte delle specie vegetali e animali che vi abitano sono a rischio. Un habitat impoverito rende il territorio sempre più vulnerabile a eventi estremi (quali per esempio ondate di calore, inondazioni, diffusione di patogeni).
È quindi indispensabile il ripristino degli ecosistemi per evitare le ripercussioni sulla salute di piante, animali e, anche, dell'uomo.
Riportare equilibrio in un habitat degradato e minacciato, migliorandone lo stato di conservazione, si concretizza nella tutela della biodiversità esistente, attuata con l'eliminazione o il contenimento delle specie invasive. Può essere necessario mettere a dimora nuovi esemplari di specie native, in modo da riportare l'habitat alle condizioni ottimali; ecco cosa significa "restaurare l'habitat".
Il termine restauro è infatti alla base della genesi del progetto LIFE Drylands (2019 - "Restauro delle praterie e delle brughiere xero-acidofile continentali in siti Natura 2000 del Piemonte e della Lombardia"). Dal giugno 2021, inoltre, le Nazioni Unite hanno dato avvio all'UN decade of Ecosystem Restoration. Nell'agosto del 2024, infine, è entrata in vigore la normativa comunitaria per il restauro della Natura (Nature Restoration Law), che mira a ripristinare almeno il 20% delle aree degradate terrestri e marine dell'UE entro il 2030.