(Feltre, 16 Apr 13) La formazione delle stalagmiti, che costellano i pavimenti di molte grotte, richiede decine di migliaia di anni.
Queste straordinarie costruzioni della natura sono testimoni muti di un passato antichissimo; poterle "interrogare" ci consente di sapere in quali condizioni ambientali sono cresciute e, indirettamente, di avere preziose informazioni sul clima presente anche all'esterno della grotta. Infatti al variare della temperatura esterna si modificano alcuni parametri chimico-fisici dell'acqua piovana che penetra nelle grotte e costruisce, con il suo lento stillicidio, le stalagmiti. La composizione chimica delle stalagmiti conserva traccia di questa variazioni.
Grazie a sofisticate tecniche di analisi chimico fisica e' possibile ricavare, da campioni di stalagmiti, informazioni sul clima presente sulla terra decine e centinaia di migliaia di anni fa: oggi possiamo "far parlare" le stalagmiti.
Partendo da questi presupposti e' nato un grande progetto di ricerca internazionale, che coinvolge Universita' e Istituti scientifici italiani, canadesi, australiani e svizzeri, e che vuole ricostruire, attraverso l'analisi di stalagmiti prelevate in diversi Paesi europei, il clima antico dell'intero bacino del Mediterraneo.
Le grotte dei Piani Eterni, nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, sono ritenute dagli scienziati particolarmente interessanti per questo progetto, per le caratteristiche chimiche e per l'eta' delle loro stalagmiti.
Per questo motivo il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi ha stipulato una convenzione con l'Universita' di Bologna, per analizzare alcuni campioni di stalagmiti del complesso carsico dei Piani Eterni.
Le analisi permetteranno non solo di ricostruire il clima delle Dolomiti Bellunesi di 100, 200 e 300 mila anni fa, ma anche di capire come si sia evoluto nel tempo il complesso dei Piani Eterni e con quale velocita' si sia approfondita nel tempo la valle del Mis, una delle piu' importanti del Parco.
Il progetto e' coordinato dal professor Jo De Waele e dal dottor Francesco Sauro, del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche ed Ambientali dell'Universita' di Bologna, e vede coinvolte anche l'Università di Melbourne, quella di Ottawa e il Politecnico di Zurigo.
La parte logistica di posizionamento di strumenti in grotta e di prelievo dei campioni sara' curata dai gruppi speleologici di Feltre, Valdobbiadene, Belluno e Padova, che da oltre vent'anni esplorano il complesso dei Piani Eterni.
La loro attivita' ha permesso di scoprire decine di chilometri di pozzi e gallerie (a gennaio 2013 risultano rilevati e cartografati oltre 33 chilometri di strutture ipogee) e di scoprire cinque specie animali nuove per la scienza.
Questa ricerca cofinanziata dal Parco permettera' di ottenere, studiando le viscere della terra, informazioni su quanto avveniva in superficie centinaia di migliaia di anni fa e di raccogliere informazioni non solo di grande interesse scientifico, ma anche di estrema utilita', per comprendere meglio gli attuali cambiamenti climatici.
Il passato remoto delle grotte può aiutarci ad affrontare meglio le sfide del futuro.