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Atti del X Convegno "Randevò a la Vila"

S. Sebastiano Da Po, 23 e 24 Settembre 2005


Gli ordini dei Gonzaga a San Sebastiano da Po (1559 - 1571)

Particolare del Castello della Villa di S. Sebastiano
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Particolare del Castello della Villa di S. Sebastiano

Dettaglio di decorazione in una sala del Castello di S. Sebastiano
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Dettaglio di decorazione in una sala del Castello di S. Sebastiano

La frazione Villa di S. Sebastiano
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La frazione Villa di S. Sebastiano

Carlo Viano

Premessa

E’ noto che l’imperatore Carlo V infeudò nel 1536 ai Gonzaga, duchi di Mantova, il marchesato di Monferrato, nonostante la forte opposizione dei monferrini che temevano di perdere la loro autonomia politica, economica e culturale.
Il Monferrato costituiva, all’epoca, una chiave strategica di importanza capitale in quanto si trovava lungo il corridoio che collegava Genova con i territori spagnoli delle Fiandre. Nell’Europa del cinquecento, per buona parte controllata dall’Impero asburgico, era di vitale importanza per la Spagna assicurare alle proprie truppe la capacità di muoversi rapidamente attraverso i vasti domini posseduti. Di qui la necessità di controllare, tra le altre, anche la via del Monferrato.(1)
I Gonzaga non riuscirono ad entrare nel pieno possesso del loro stato, teatro delle guerre tra Francia e Spagna per il predominio in Italia, sino alla pace di Cateau Cambrésis nel 1559. Nello stesso anno 1536 il Piemonte venne invaso dalle armate francesi di Francesco I e dalle truppe spagnole, di stanza nel Milanese, di Carlo V.
A quell’epoca il Monferrato era una regione vasta e divisa in due parti, una a nord e l’altra a sud del Tanaro, spezzettata in territori non contigui ed estesa dal Canavese alle Langhe; era il Monferrato uno stato ancora tipicamente medievale. La parte a nord fu occupata in prevalenza dalle truppe francesi, quella a sud dai soldati spagnoli. In realtà quasi tutte le terre monferrine furono sottoposte al passaggio e alle imposizioni di entrambe le forze occupanti sino alla pace di Cateau Cambrésis. Le terre occupate dai francesi vennero unite in una provincia transalpina, legata alla Francia, con capitale Torino; nella capitale piemontese venne istituito un "Parlamento"(2) al quale furono affidate le questioni giudiziarie ed amministrative.
Per il Piemonte, ed in particolare per il Monferrato, furono tempi di lutti e rovine. Fu in questo contesto politico e sociale che i duchi di Mantova e marchesi di Monferrato iniziarono la riorganizzazione dello stato monferrino secondo le regole accentratrici della sovranità assoluta.
La riorganizzazione del marchesato di Monferrato, per quanto si evince dai documenti dell’archivio storico di San Sebastiano Po, interessò principalmente tre argomenti : la redazione dei catasti, l’introduzione della gabella del sale, la costituzione di una milizia locale. Un quarto argomento, che non tratteremo, ma palesemente presente in tutti i verbali consiliari, fu la pesante mano del fisco e la richiesta di frequenti ed onerosi donativi per soddisfare le esigenze dei Gonzaga.
Guglielmo divenne terzo duca di Mantova e marchese di Monferrato alla morte del fratello Francesco III (1550); data la giovane età governò sotto la tutela della madre Margherita Paleologo.
Considerato il breve tempo a disposizione, parleremo in questa sede, solo della gabella del sale.

(1) PAOLA PAVAN, Il Monferrato, Editalia, Roma, 1995, p. 93.
(2) PAOLO BREZZI, Barbari, feudatari, comuni, e signorie fino alla metà del secolo XVI, in, AA.VV., Storia del Piemonte, vol. 1, F. Casanova, Torino, 1961, p. 176.


La gabella del sale

Sin dai primi commerci il sale indispensabile, come si sa, all’alimentazione umana e animale fu sottoposto a dazi. La relativa facilità di produzione permetteva di ottenere un prodotto a basso costo e di aumentare l’importo della tassa ogni volta che le casse statali si esaurivano. Il crescente aumento della richiesta consentiva guadagni sempre più elevati, chiunque controllasse il sale aveva un grande potere fu così sin dai primi commerci e sino alla Rivoluzione francese. Nello stesso anno 1789 l’Assemblea nazionale abolì, mediante votazione, la gabelle e ogni altra tassa sul sale anche se alcuni membri dell’Assemblea proposero di mantenere una minima tassa uguale per tutti. Nel 1804 Napoleone Bonaparte si proclamò imperatore ed impose una nuova tassa sul sale! L’imposta sul sale venne abolita in Francia dopo la seconda guerra mondiale, in Italia nel 1973.
Ciò premesso, va ricordato che la gabella del sale non era una normale imposta; la gabella era una tassa perversa, diabolica, escogitata da chi deteneva il monopolio del sale, che tassava tutti e obbligava tutti ad acquistare sale in quantità il più delle volte superiori al proprio fabbisogno ed a prezzi elevati. Si faceva obbligo di acquistare sale per ogni bocca humana, bovina, ovina erano tassate anche le osterie, i fornai e i produttori di formaggi, in breve, tutti coloro che facevano uso di sale. Una tassa così concepita non tardò a creare scontento tra la popolazione. Nonostante la severità con cui venivano puniti i detentori di sale non autorizzati, il contrabbando divenne fiorente.
Non abbiamo riscontri sulla presenza di una gabella del sale durante il governo dei Paleologi, ma certamente una tassa sul sale già esisteva. Prima del 1559 sappiamo che i duchi di Mantova e marchesi di Monferrato si rifornivano di sale dagli stati vicini: dalle repubbliche di Genova e di Venezia, dal ducato di Milano, dal ducato di Ferrara, dagli stati pontifici, a seconda delle situazioni politiche e, soprattutto, dalle convenienze commerciali (1). Ma il governo mantovano non era in grado, ancora, di imporre una tassa sul sale alle popolazioni monferrine.
Quando per diverse ragioni diventava difficile rifornirsi di sale, il marchesato di Monferrato cercava di colmare le carenze preparando il sale per concentrazione delle acque salmastre mediante grandi caldaie in ferro (3). In un progetto di Alberto Reverdino, si proponeva di preparare il sale dalle acque salse, ma con il metodo delle saline (4).
La prima grida che vietò il libero commercio del sale all’interno del Monferrato è del 17 novembre 1570 (5).Guglielmo Gonzaga apre la grida con un suo assioma: E’ il sale delle cose regali spettante al Principe. Partendo da questo principio il duca prosegue affermando che la totalità dei sudditi non giudica giusto che "Noi permettiamo di vendere il sale (…) in detto nostro Stato anzi danno, poiché gli venditori quando a loro pareva crescevano il prezzo, se siamo risoluti provedere Noi de sale per bisogno del detto Stato Nostro e deputar un gabellero generale il quale habbi cura di dispensar e far vendere detto sale nel predetto nostro Stato, et havemo deputato à ciò il diletto nostro Bernardino Casetto da Trino cittadino della città nostra di Casale".
Nella gestione della gabella Bernardino Casetto fu aiutato da parenti e familiari. Nell’abitazione di Pietro Casetto si rinvennero diverse monete…reali di Spagna, testoni di Franza, aquiloni di Milano, bianchi di Monferrato …del peso 3 rubbi e 11 libbre e per il valore di 450 scudi, appartenenti a Giovanni Antonio Casetto. Il processo intentato contro Bernardino il 19 dicembre 1571, accusato di falsità et rubbamenti fatti in camera, et alterationi di prezzo del sale et per quella della corrutella, era detto il processo contro li Casetti (6).
Al duca Guglielmo, non restava che proibire a tutti, sia monferrini sia forestieri, di vendere sale all’ingrosso e al minuto all’interno dello stato. La pena consisteva nella
confisca della merce e dei mezzi di trasporto con i quali si era introdotto il sale nei territori del Monferrato. I due terzi del ricavato dalla vendita dei beni confiscati erano destinati alla camera marchionale e l’altro terzo all’inventore ò sia accusatore, volendo che ciascuno possa accusare e far le invenzioni. La figura della spia, così legittimata, era la colonna portante nell’amministrazione della giustizia di quei tempi, anche perché il nome dell’accusatore era generalmente mantenuto segreto. Oltre alla vendita si proibiva, ovviamente, anche il libero acquisto con la pena di due scudi ogni coppo di sale chi comprarà da altri.
Nella grida successiva, posteriore di soli dodici giorni (7) si ribadiva la proibizione di esportare dal Monferrato il sale in eccedenza, ma di consegnarlo a Casale. Si precisava che il sale detenuto in luoghi lontani da Casale, doveva essere consegnato direttamente ai podestà con l’obbligo, da parte loro, di rimetterlo a Casale al senatore Bartolomeo Volta entro due giorni dall’avvenuta consegna sotto la pena della perdita d’i loro offici, e d’altra d’arbitrio Nostro.
L’osservanza di queste ultime due gride faceva sì che tutto il sale requisito nel Monferrato fosse accentrato nella gabella di Casale. Nasceva così il monopolio o gabella del sale del Marchesato di Monferrato. Il vocabolo gabella specificava sia la tassa sia il luogo in cui veniva stoccato e distribuito il sale. Per la sua completa operatività venne definito un regolamento interno alle gabelle. In seguito agli ordini espressi dal duca di Mantova il 6 aprile 1571, il commissario generale del sale Bartolomeo Volta stabilì in tredici punti le procedure di controllo, e di registrazione del sale che transitava nelle gabelle.
Con l’ordine del 1° febbraio 1571 (8) il commissario Bartolomeo Volta, pose in Moncalvo la sede della gabella decentrata per il servizio delle terre circostanti, tra le quali San Sebastiano, ed invitò coloro che volevano svolgere il servizio di rivenditore di presentarsi dal gabelliere di Moncalvo per ottenere la licenza che non si negarà ad alcuno essendo homini da bene.
L’ultimo giorno di maggio dello stesso anno il duca Guglielmo proibì la vendita del sale a misura, cioè a volume, perché pochi erano i rivenditori che avevano richiesto la licenza "…et che quelli pochi vanno ancor loro con tanta sottigliezza, et arte che non vi è alcuno accompratore che ricevi la ragione soa del sale…perciò desiderando Noi la soddisfattione delli nostri cari et amati Populi… ordiniamo et vogliamo che nell’avenire in tutti i luoghi del stato nostro del Monferrato il sale s’habbi da vendere a peso et non a misura, …"
La distanza tra la sede della gabella e le comunità dipendenti non doveva superare le 10 miglia; in caso di distanze superiori il gestore della gabella rimborsava le spese di trasporto per le miglia percorse in più.
Nel 1588 L’incarico di salarolo o gabellotto venne assegnato, dietro pagamento di due scudi al comune, a Domenico Bonfante il quale promise, come fatto per l’anno passato, di levare il sale previsto portarlo a San Sebastiano a sue spese a condizione che venisse acquistato dagli abitanti e pagato grossi doi la libbra (9). Il guadagno del rivenditore era di _ di grosso per ogni libbra di sale venduto. Le spese del trasporto erano compensate dalla _ oncia di sale per libbra concessa dalla gabella come sfrido. Sulla base dei censimenti annui del sale, i responsabili della gabella calcolavano quanto sale le comunità dovevano acquistare.
Il primo documento inerente la gabella del sale, trovato nell’archivio storico di San Sebastiano, risale al 29 giugno del 1576(10). Si tratta della copia di una grida nella quale il duca di Mantova e Monferrato Guglielmo Gonzaga, comanda a tutte le comunità di consegnare per giusto peso o misura, fedelmente et con giuramento la vera quantità del sale che si troverà haver in casa sua o di sua habitatione.
La consegna del sale posseduto doveva essere autenticata da un notaio e, la lista dei consegnanti, recapitata ai senatori Bernardino Scotia e Antonio de Nerli. Si precisava che il sale consegnato poteva essere usato senza che sia data molestia ne impedimento alcuno. Denunciarono di possedere sale 126 capi famiglia, consegnarono il sale posseduto anche i consignori, i notai e lo stesso luogotenente del podestà per un totale di circa 63 rubbi.
Il motivo di questa richiesta la grida non lo dice, accenna semplicemente essere necessario per servigio nostro come di m.Theodoro Foresto, general conduttore della gabella del sale. Conoscere la rimanenza del sale presente nel Monferrato era indispensabile per predisporre gli approvvigionamenti. Una delle più remunerative entrate delle casse statali non poteva rimanere senza materia prima.
Soggetti alla gabella erano tutti gli abitanti residenti nel comune di età superiore ai 7 anni, più tutti gli animali che mangiano sale.

Si riportano alcuni dati riguardanti la quantità e il prezzo del sale da acquistare:

1575 1579 1586
Persone dai 7 anni in su libbre/anno 6 12 12
Bovini libbre/anno 6 7 7
prezzo grossi/libbra 1 _ 1 _ + 20% 1 _ + 16%

L’aumento del prezzo del sale, nel corso degli undici anni esaminati, è da attribuirsi in parte alla svalutazione subita dalla moneta, specialmente nell’ultimo quarto del secolo, ma soprattutto alla perenne mancanza di fondi delle casse ducali. Nella comunità di San Sebastiano, ogni fuoco era mediamente composto da 3-4 persone d’età superiore ai sette anni e poteva disporre di 1-3 bovini mentre il numero degli ovini non raggiungeva l’unità e ancora più basso era il consumo di carni suine. Si comprende allora come, per aumentare le entrate dello stato, si dovesse incrementare la quota di sale relativa alle persone e ai bovini; l’aumento della tassazione degli ovini e delle carni suine avrebbe accresciuto l’esasperazione, già elevata, della popolazione monferrina senza produrre concreti vantaggi per l’erario ducale.
Da un rendiconto del prelievo del sale rilasciato da Nicola Gaspardone, gabelliere di Moncalvo, a Domenico Bonfante, salarolo di San Sebastiano, si desume che per la gabella l’anno di prelievo del sale iniziava il 1° luglio e terminava il 30 giugno dell’anno successivo. Le comunità potevano prelevare il sale ogni quattro mesi.
Nel periodo 1° luglio 1584 - 30 giugno 1585 la quantità di sale da prelevare ogni quadrimestre (il quarter) era di 249 rubbi e 15 libbre, pari a rubbi 748 e 20 libbre anno, equivalenti a circa 6100 Kg. di sale /anno.
Con la pace di Cherasco del 1631 San Sebastiano passò al ducato di Savoia; abbandonò la gabella monferrina per passare a quella savoiarda non meno pesante (le bocche umane erano tassate già dai cinque anni in su), e più severa nella repressione del contrabbando. Le pene previste per i trasgressori erano, nel ducato di Monferrato, assai miti se paragonate a quelle vigenti nel Piemonte dei Savoia. Il duca Guglielmo (11) puniva con dieci scudi, oppure con tre tratti di corda chi non poteva pagare la multa per ogni staro di sale frodato alla gabella. Nel 1575 (12) per ogni bocca non consegnata era prevista la multa di uno scudo e chi non poteva pagarla, la condanna a dieci giorni di prigione continui. Nella grida del 16 giugno 1586 (13) si puniva con una multa di dieci scudi per ogni soma di sale di contrabbando, più la confisca del sale e dei mezzi di trasporto oppure, non potendo pagare, con tre tratti di corda li quali gli saranno dati senza alcuna remissione e cognitione ordinaria di causa.
Ben diverse erano le penalità in vigore nel ducato di Savoia.
Nel 1645, Cristina di Francia la prima Madama Reale(14), puniva con la pena di morte i contrabbandieri ed i complici che avessero introdotto sale nel ducato e la condanna per cinque anni ai remi delle galere a chi avesse acquistato sale di contrabbando. Ai minori, di età compresa tra i 18 ed i 21 anni, il primo reato era condannato con cinque anni di remo, ai minori di 18 anni con la fustigazione. Nel 1674 Carlo Emanuele II (15) puniva con la morte e la confisca dei beni tutti coloro che introducevano nello stato o comperavano sale di frodo per quantità da un rubbo sino a tre rubbi. La stessa pena era prevista per i ricettatori sorpresi a smerciare oltre tre rubbi di sale.

(1) A.S.T. , Monferrato: Materie economiche e altro. inv. n.° 38, mazzo 3, fasc. 9-15-20-24.
(3) " Concernente il sale da fabricarsi nel stato del Monferrato in occasione di contesa di fornirsene per altrove e specialmente per li Dazy esorbitanti del Ferrarese.
(4) " n.° 28 Progetto di Alberto Reverdino di poter fabricare il sale per comodo dei sudditi del Monferrato.
(5) A.S.T. , Monferrato: Gride 1384 - 1708, inv. n.° 40, mazzo 1, fasc. n.° 48.
(6) A.S.T. , Monferrato: Materie economiche e altro. inv. n.° 38, mazzo 3, fasc. n°5.
(7) A.S.T., Monferrato: Gride 1384 -1708, inv. n°40, mazzo 1, fasc. n.° 48.
(8) A.S.T., Monferrato: Materie economiche e altro, inv. n.° 38, mazzo 3, fasc. n°5.
(9) A.S.C.S.S., Faldone n.° 210: Editti ordini e manifesti 1576 - 1666, Grida del 16 giugno 1586.
(10) A.S.C.S.S., Faldone n°210: Editti ordini e manifesti 1576 - 1666, Grida del 29 giugno 1576.
(11) A.S.T., Monferrato: Materie economiche e altro, mazzo 3, fascicolo 5.
(12) A.S.T., Monferrato: Gride 1384 - 1708, mazzo 1, fascicolo n.° 60.
(13) A.S.C.S.S., Faldone n.° 210: Editti ordini e manifesti 1576 - 1666, grida del 16 giugno 1586.
(14) A.S.T. Materie economiche: gabella del sale Piemonte e Nizza, mazzo 2, fascicolo n.° 18.
(15) A.S.C.S.S., Faldone n.° 211: Editti ordini e manifesti 1667 - 1699, serie I, vol. LVIII.


Le saline di Ibiza

Si apprende, dalle gride del 1575 e successive, che la gabella generale disponeva anche di sale rosso di Evice bello e buono al paragone di quello che di presente si vende in gabella.
Il sale rosso di Evice, Evizze, o Evizza proveniva dall’attuale isola di Ibiza dalla quale per via mare veniva trasportato ai porti di Genova e di Nizza.
Il sale veniva importato nel Monferrato anche da altre parti del Mediterraneo, in caso di legittimo impedimento per quale non si potessero havere sali rossi d’Evice si permetterà di fare la provisione delli sali bianchi d’Evice detti del stagnolo, e non potendosene havere di quelli della Matta, in difetto di quelli di Tripoli, Peccais, Trappani, e Hieres.
Il mar Mediterraneo era ricco di saline, oltre quelle già menzionate si ricordano: Cagliari, Zarzis e Djerba, Ra’s al-Mahbaz, Alessandria, Cipro, Atene, Chiarenza, Cervia, Pola, Piran, Pago, Barletta, Cherson, Nauplie, Corfu, Malta, Archipel, Candie. (16)
Nelle navi dedicate al trasporto del sale, esso veniva utilizzato come zavorra, sopra si caricavano merci meno pesanti e scaricate nei porti di destinazione lungo la rotta del ritorno.
Abbiamo notizie sulle saline di Ibiza da un ordine di Carlo Emanuele II (17) dato a Nizza il 24 maggio 1672, con il quale incaricava Agostino d’Ormea di recarsi ad "Evizza e gionto che sarà in sudetta Isola s’informerà in che stato siano le salline, se vi sia quantità di salle in che bontà e bellezza, se il Sig.r Governatore habbia salline divise da quelle dell’Università, e quali siano di maggior bontà e bellezza, cioè senza terra e ben granito, e se vi fosse il periculo d’esser pressi da Turchi".
Il d’Ormea rispose che Evizza produceva due qualità di sale: quello rosso e quello bianco, detto anche stagnolo, perchè ricavato da una piccolo stagno.
Il sale rosso costava di meno perché di qualità meno pregiata, ma anche perché il caricamento sulle navi era facilitato dalla vicinanza delle saline al porto, mentre quello bianco distava oltre due miglia ed era necessario trasportarlo al porto con piccole imbarcazioni.
Aggiungeva il d’Ormea " in quanto al periculo non ve ne è alcuno stante che il caricador (il molo) del sale rosso stà sottoposto all’artigliaria della piazza, e di più tiene detto caricadore una torre con due pezzi d’artigliaria".

Dall’analisi dei dati desunti da due censimenti per la levata del sale, relativi agli anni 1700 (18) e 1708, (19) si ha un’immagine globale dei danni subiti dalla comunità durante gli assedi di Verrua, Chivasso e Torino (1704 - 1706).

1700 1708
Popolazione totale 1012 721 - 28,7 %
Fuochi, inclusi quelli dei miserabili * 189 175 7,4%
- 26% della popolazione
Bocche umane di età superiore ai 5 anni 830 625 - 24,6 %
Bocche bovine 444 323 - 27 %
Bocche bovine 125 125
Maiali macellati 71 17 - 76 %
Rubbi di sale levato dalla gabella 390 261 - 33 %

* Nei rapporti con la gabella i poveri erano distinti in due categorie: i miserabili e i miserabili impotenti. I primi erano in grado di acquistare una parte del sale a loro imposto, la rimanente parte era acquistata dal comune; i secondi, invece, erano spesati dalle congregazioni di carità presenti sul territorio.
Per buona parte de XVII secolo il Piemonte fu colpito da eventi tragici; le guerre, la peste e le carestie condizionarono pesantemente il tenore di vita delle popolazioni piemontesi. In questo contesto anche il rigore nell’applicazione della tassa sul sale venne meno. Solo verso la fine del secolo, con il governo di Vittorio Amedeo II, l’autorità statale riprese lentamente il controllo della situazione.
In data 20 novembre 1700 (20) il podestà e notaio di San Sebastiano Bartolomeo Ucella, avvisò la popolazione "per voce di crida" di consegnare tutte le bocche umane e bestiami secondo gli ordini di S.A.R. del 20 maggio 1700 e delle successive istruzioni del 20 Luglio.
Ingiunse inoltre a tutti i particolari di rimanere nelle proprie abitazioni durante i giorni 22 e 23 novembre in quanto lui stesso, accompagnato dai sindaci e da due consiglieri, sarebbe passato casa per casa, a ricevere direttamente le consegne. Era obbligatoria anche la denuncia della servitù ed a chiunque fosse somministrato il vitto, e oltre gli animali di proprietà anche quelli avuti in custodia per tutto l’anno o parte di esso.
Come previsto dalle disposizioni, era compito inderogabile "dell’Ordinario" di ricevere personalmente presso le abitazioni di ogni particolare, le consegne anzidette. Dalla lettura del verbale del consiglio comunale del 22 Novembre, vi è motivo per ritenere che le cose a San Sebastiano si svolgessero diversamente. In quel consiglio il podestà richiese che gli venissero consegnati i quinternetti con la quantità del sale addebitata ad ogni capo famiglia "… e particolarmente il libro del reparto del sale fatto nelli tre anni precedenti."
I sindaci presentarono, invece dei quinternetti, il libro delle taglie imposte nell’anno in corso e date da esigere all’esattore Vincenzo Crovella, ma subito dopo "… detti nobbili sindici e consiglieri con giuramento per li medesimi prestato, toccate corporalmente le scritture in mano di noi sudetto podestà… dichiararono… di non essersi mai pratticata ne fatta alcuna imposta sovra le persone, ne tam poco sovra li bestiami come pure di non haver alcuna notta ne libro degli animali amazzati da particolari del presente luogo…tanto nel principio dell’anno corrente che nell’anno scorso et antecedenti… per haver la presente comunità convenuto li dritti di tali animali con li sublocatori delle gabelle di S.A.R.
Pare di capire che la comunità negli anni precedenti il 1700, avesse gestito la questione del sale accordandosi direttamente con i funzionari della gabella.
In chiara contraddizione con quanto espresso prima, i sindaci e consiglieri dichiararono poi "… essersi fatti altri reparti di detto sale negli anni due antecedenti, e non sapere ove quelli presentemente si ritrovino per non haverli appo di luoro, ne di detta communità…"
Analoga giustificazione portò il gabellotto Valentino Bonfante quando il podestà volle vedere le bolle del sale prelevato. Dopo giuramento il Bonfante disse di "…non haver appo di se ne sapere ove si trovino le bolle del sale prelevato nel corrente anno e spediteli da m. Simone Piacentino, banchiere di questo luogo et la maggior parte rimaste appo il medesimo fidandosi d’esso come vicino d’habitatione e parente…" ammise però di aver prelevato trentatre sacchi di sale e di averlo distribuito ai particolari.
Dal verbale emerge chiaramente la negligenza dei sindaci, consiglieri e gabellotto, ma data la frammentaria e complessa esposizione dei fatti, non è chiaro cosa realmente fosse accaduto, di certo la levata del sale non venne eseguita nel rispetto delle norme prescritte da S.A.R.

(16) JEAN CLAUDE HOUCQUET, Voiliers et commerce en Méditerranée 1250 - 1650. Université de Lille III, 1979, volume 2°, carte da n. 2 - 7.
(17) A.S.T. Materie economiche: gabella del sale Piemonte e Nizza, mazzo 2.
(18) A.S.T. Articolo 531 S/2 cartario n°59, cfr anche A.S.C.S.S. Faldone n.° 29, ordinati originali 1693 - 1720, vol. LXXXVIII, serie 1.
(19) A.S.C.S.S. :Faldone n.° 150, consegne del sale 1700 - 1750, quinternetto dell’anno 1708.
(20) A.S.T. Articolo 531 cfr nota (18)


Bibliografia

JEAN CLAUDE HOUCQUET, Voiliers et commerce en Méditerranée 1250 - 1650. Université de Lille III, 1979, volume 2°.
MARK KURLANSKY, Sale, una biografia, Rizzoli, 2003.


Abbreviazioni

A.S.T. Archivio di Stato di Torino.
A.S.C.S.S. Archivio Storico Comunale di San Sebastiano da Po.


Misure di peso. volume, e lunghezza e valore delle monete nel Monferrato Gonzaghesco

Misure di peso
Soma = 164,52 Kg.
Rubbo = 8,13 Kg.
Libbra = 0,32 Kg.
Oncia = 0,03 Kg.
Staro = 17,7 Kg.
Misure di volume per aridi
Coppo = 2,8 l.
Misure di lunghezza
Miglio = 800 trabucchi = 2466 m.
Monete
Scudo = 9 fiorini = 108 grossi
Fiorino = 12 grossi