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Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola

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Il cervo tra storia, ecologia e nuovi avvistamenti nel Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola

(26 Giu 24) Da sempre motivo di suggestione per la sua caratteristica elusività, per le leggende popolari ad esso legate e di interesse venatorio, il cervo rosso (Cervus elaphus) in passato era ampiamente diffuso sul territorio, con popolazioni stabili lungo tutta la penisola italiana. Abitante di grandi complessi forestali, associati a radure e praterie e caratterizzati da grande abbondanza di risorse, oggi, a causa della pressione esercitata dall'uomo, occupa principalmente ambienti boschivi di montagna.

Il motivo del nome risiede nella caratteristica colorazione bruno-rossastra del mantello estivo, tendente invece al grigio-brunastro in inverno. Il dimorfismo sessuale è notevole, sia in termini dimensionali, con femmine più piccole e con corporature meno massicce, che per la presenza nei maschi di grandi palchi ramificati sul capo. Questi vengono persi ogni anno verso la primavera per poi ricrescere e raggiungere la loro massima estensione nel periodo degli accoppiamenti, tra settembre e ottobre. Caratterizzata da una grande plasticità alimentare, la specie, erbivora, si nutre di frutta, semi, germogli, erbe e foglie ed è capace di sfruttare risorse meno utilizzate da altre specie, come la corteccia.

L'organizzazione risulta piuttosto sociale e le femmine formano grandi gruppi e conducono vita gregaria con i giovani. I giovani maschi, compiuti due anni di età, tendono ad allontanarsi e conducono una vita in solitaria o in gruppi di pochi individui, organizzati secondo gerarchie precise. Durante la stagione riproduttiva diventa più facile rendersi conto della presenza della specie sul territorio, grazie ai caratteristici bramiti, vocalizzazioni a bassa frequenza emessi dai maschi in veri e propri "scontri acustici". A questi possono seguire anche scontri fisici finalizzati alla definizione dei maschi dominanti, ovvero singoli individui che potranno attribuirsi il diritto ad accoppiarsi con i gruppi di femmine dell'area, detti harem.

Precedentemente diffuso in tutta la penisola grazie alla continuità della copertura boschiva tra Alpi, Pianura padana e Appennini, ha risentito molto della forte pressione venatoria e di una deforestazione diffusa caratteristiche del tardo Medioevo e del Rinascimento, finendo per occupare areali molto frammentati e popolazioni relitte. La specie, negli anni '40, contava pochi esemplari localizzati in alcune località alpine al confine con Austria e Slovenia, in Sardegna e lungo la costa adriatica, nel Bosco della Mesola. A partire dagli anni '50, il cervo rosso ha goduto di diversi progetti di reintroduzione che hanno garantito la formazione di nuove popolazioni stabili e attualmente è possibile dire che lo status di conservazione sia in lento ma costante miglioramento.

Per quanto riguarda la sua presenza nella Vena del Gesso Romagnola, questa è probabilmente legata ad un immigrazione dall'alto appennino, in particolare dalle Foreste Casentinesi, sede di una popolazione stabile e di notevoli dimensioni. La specie infatti, solitamente sedentaria, è capace di coprire grandi distanze per motivi alimentari e per fenomeni di dispersione, soprattutto nei maschi giovani. In questo senso, data l'elusività della specie, risultano fondamentali strumenti di raccolta dati quali fototrappole e attività di "tracking" sul territorio, ovvero lettura e interpretazione delle tracce degli animali, svolte in particolare per il monitoraggio del lupo.

Grazie al fototrappolaggio portato avanti dall'associazione Pangea nel 2023, è infatti stato possibile riprendere il passaggio di alcuni esemplari giovani nella zona di Brisighella e in quella di Casalfiumanese. Altri avvistamenti risalenti al 2014 segnalavano la presenza di pochi individui nella zona compresa tra la valle del Lamone e quella del Senio. Di recente rinvenimento è invece un video che ritrae un maschio giovane nella zona di Riva di San Biagio, probabilmente in dispersione.

Dati del genere lasciano sperare ad un graduale processo di colonizzazione in atto, parallelo ad un aumento della copertura forestale, che ci auguriamo possa gradualmente riportare una specie bandiera come il cervo nei nostri territori.

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