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Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola

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Popcorn alla romagnola?

Si può fare!

(24 Lug 24) Se si pensa alla nostra infanzia e giovinezza senz'altro ci viene in mente un piacevole ricordo di quando la nonna o la mamma, in via più o meno eccezionale, facevano il popcorn sul fornello o sulla stufa di casa, in un tegame chiuso, con un goccio d'olio, rigorosamente con il coperchio sopra e da tenere ben chiuso, per evitare che lo schioppettio lo facesse ribaltare. Poi più di recente è scoppiata la moda del pop corn al cinema e oggi si fa in casa, ma con un sacchetto preconfezionato e nel forno a micro onde. Eppure quel rito, del fare il pop corn è, nonostante quel nome americano, qualcosa di molto tradizionale nelle case dei romagnoli, almeno da dopo la scoperta dell'America sul finire del '500. 

Ma facciamo un po' di ordine nei ricordi e soprattutto nelle nostre conoscenze, magari con l'aiuto di una fonte di informazione attendibile, come il bel volume del 2006 dal titolo "Il mais in Italia. Storia naturale e agricola", a cura di Brandolini Aureliano e Brandolini Andrea, padre e figlio, una vita (almeno il primo) dedicato proprio ai mais, antichi (tradizionali, locali) e moderni, gli ibridi arrivati sempre dall'America ma nel recente dopo Seconda Guerra Mondiale.

Potremmo dire che, in generale, c'è mais e mais, a seconda innanzitutto dell'uso che se ne fa: mais da polenta, da insalata, da alimentazione animale (foraggio) e da scoppio o pop corn, per l'appunto.  I mais da popcorn (Zea mays L. var. everta), non hanno mai trovato largo impiego nella maiscoltura, in pieno campo e su superfici ampie,  e almeno in Italia sono stati tradizionalmente coltivati negli orti, solo per il consumo familiare.

La presenza dei mais da scoppio in Italia è documentata fin dal XVI secolo. Ad esempio la tavola acquerellata Maizum seu Triticum Bactrianum di Ulisse Aldrovandi (1551), botanico presso l'Università di Bologna, che raffigura una pianta di mais tipicamente pollonante alla base e recante fino a tre spighe per culmo, apparentemente di piccole dimensioni e di colore diverso, potrebbe rappresentare una delle prime testimonianze della presenza dei popcorn in Italia.

Pop corn in Italia si trovano sia nelle regioni del Sud come del Centro e del Nord, quasi appunto ad immaginare che furono tra i primi a giungere nel nostro paese. Riferimenti al mais da scoppio sono noti in letteratura per la Romagna, dove l'abitudine a far scoppiare il mais era un passatempo e anche una merenda tipica per i più piccoli, utilizzando varietà tipicamente da popcorn e in alcuni anche casi mais vitrei a cariosside piccola, come quarantini o cinquantini. Tradizionalmente, i semi non venivano fatti scoppiare in olio di semi bollente come si diceva all'inizio (tipico degli ultimi 50-60 anni), bensì sul basamento in pietra del focolare domestico (jola), arroventata, allontanando prima ceneri e braci. Tale abitudine risulta un tempo piuttosto diffusa e riportata in dizionari (es. Morri 1840. Vocabolario romagnolo-italiano) e pubblicazioni di cultura popolare contadina romagnola, in relazione soprattutto alla terminologia che si utilizzava per indicare la forma scoppiata che poi si mangiava, con nomi fantasiosi che indicavano colombe, fiori o creste di gallo (galét, s-ciupét, fiurét, fiuchét). I chicchi che fiorivano saltavano via dal focolare ed erano chiamati anche suore, quelli che diventavano neri (bruciati e non scoppiati) erano chiamati frati. 

Molto significativa la poesia in dialetto romagnolo "I galet" di Mario Lapucci, della quale riportiamo la  traduzione, pubblicata su É lunëri rumagnöl (1982) e riportato da la Ludla Anno VIII aprile 2004-n3.

In campagna, d'inverno

si faceva veglia.

I ragazzi, vicino al fuoco

cuocevano

su una paletta

arroventata

i chicchi di granoturco.

I chicchi che fiorivano

saltavano via

ed erano chiamati suore.

Quelli che diventavano neri

erano [chiamati] frati

e tutti insieme,

i galletti.

In Romagna le tracce di questo speciale tipo di mais si trovano in varie località, nelle province di Ravenna, Forlì-Cesena ma anche nel piacentino, oltre che in Veneto e Lombardia. Nel ravennate, al meglio delle nostre conoscenze e a Casola Valsenio in specifico esiste attualmente l'unico mais da popcorn emiliano-romagnolo ancora coltivato

A Casola Valsenio (RA) la signora Maria Quarneti (1930 - 2023) ricordava che il mais 'Di Casola Valsenio' (codice EMR06 nel progetto RICOLMA PSR Regione Emilia-Romagna), tramandatole dai suoi genitori, sempre proveniente dalla Romagna, era usato solamente per la preparazione dei popcorn. Altre testimonianze provengono dal Sig. Domenico Ghetti di Brisighella (RA), in merito a un mais ormai perduto ma che veniva usato anche qui solamente per fare i popcorn, chiamati sempre galletti (italianizzazione di galét). Questo mais non veniva usato per l'alimentazione animale in quanto i polli non gradivano le sue cariossidi appuntite. Altri ricordi provengono dal Sig. Luciano Cavassa di Alfonsine (RA), dove si preparavano dei popcorn salati, localmente chiamati clumbén o clumbéni.

Nella zona di Forlì-Cesena, in collina, è stato trovato un secondo mais da popcorn, anch'esso risiforme ma con pannocchie tozze, lunghe 5 cm e larghe 2,5 cm, tutolo rosato e cariossidi rosso-porpora scuro, molto appuntite e lucide. È coltivato da Medardo Castronai (classe 1949) a Pereto di Verghereto (FC) ed è stato acquisito presso un allevatore di capre a Uffogliano di Novafeltria (RN). Questo mais, denominato 'Strawberry di Uffogliano', è molto simile a varietà locali degli Stati Uniti note come strawberry (la cui pannocchia, per forma e colore, ricorda una grossa fragola), impiegate anche a scopo ornamentale già negli anni '40 del Novecento. L'origine locale non è certa, ma di possibile provenienza lombarda.

Dal 2023 il mais da popcorn 'Di Casola Valsenio' è iscritto al Repertorio Volontario Regionale dell'Emilia-Romagna di cui alla Legge reg. n 1/2008, tutela del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario del territorio emiliano-romagnolo.

Per informazioni è possibile fare riferimento all'Az. Agricola Collinelle, tel. 349 7846000.

Prof. Graziano Rossi, Università di Pavia

Il mais “Di Casola Valsenio” e i suoi custodi Anselmo Agide e Gisella Zama, figlia di Maria Quarneti
Il mais “Di Casola Valsenio” e i suoi custodi Anselmo Agide e Gisella Zama, figlia di Maria Quarneti
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