(29 Mar 10) Il 2 marzo del 1505 Charles D'Amboise, governatore di Milano al tempo del dominio francese, informava il duca di Ferrara che intendeva trascorrere la settimana santa in Valsesia a visitare un Sepolcro "che dicono essere bellissima devozione […] facto come è il Sepulcro vero, in un monte altissimo". Riconosciamo nella descrizione il primo nucleo del Sacro Monte di Varallo, iniziato nel 1486, con il suo Sepolcro già interamente costruito. Ci sorprende forse che due importanti personaggi politici di allora parlassero, nelle loro lettere, di un luogo che oggi sembra un po' periferico e di un Sacro Monte appena avviato. Ma erano tempi in cui la fede era al centro della vita degli uomini. Andare in Terra Santa almeno una volta era una delle massime aspirazioni e un viatico per la salvezza.
Nel 1517 Mercurino di Gattinara, gran cancelliere dell'imperatore Carlo V, non potendo rispettare il voto di recarsi in Terra Santa, decise di scambiarlo con un soggiorno nella Terra Santa di Varallo. Negli stessi anni vi si recò anche la marchesa del Monferrato. Il 5 settembre del 1530 lo visitò Francesco II Sforza, per sciogliere un voto, forse connesso proprio alla riconquista del ducato di Milano, tolto agli stranieri, e quattro anni dopo ci mandò la giovanissima moglie, Caterina di Danimarca, in un viaggio di formazione e di conoscenza del territorio. Una lunga passerella dei potenti della Terra; e l'elenco potrebbe continuare.
I periodi migliori per la visita erano certamente la bella stagione, quando il clima aiutava gli spostamenti, e le festività liturgiche che la arricchivano di significati. Non sappiamo con certezza quali cappelle avrebbe trovato già costruite Charles d'Amboise a Pasqua del 1505, ma la prima guida del Sacro Monte ci dice cosa c'era nel 1514. Il percorso della Passione iniziava con l'Ultima Cena, un mistero spettacolare per quei tempi, con gli apostoli in rilievo intorno al tavolo e Cristo in mezzo che annuncia il tradimento imminente; proseguiva con Gesù in preghiera nell'orto degli ulivi, con gli apostoli addormentati, fino al bacio di Giuda e alla cattura. Come in un film diretto da un'abile regista, la telecamera inquadrava la Madonna, affranta dal dolore, di fronte al figlio caduto sotto il peso della croce, poi la tappa della spogliazione delle vesti, con Cristo sbeffeggiato dai carcerieri e la madre, sorretta da Giovanni, disperata al vederlo seminudo, trascinato con una corda alla stregua di un ladro e di un ribelle. Saliti diciotto gradini, in tutto simili a quelli del Calvario di Gerusalemme, si giungeva al fulcro del racconto: la Crocifissione, con la Maddalena avvinta alla croce e la Madonna svenuta dal dolore, sorretta dalle pie donne. E, dopo la morte, la preparazione del corpo alla sepoltura, il Sepolcro e la resurrezione fino all'Ascensione. Un'esperienza unica, per allora, che dava al fedele la possibilità di seguire Cristo passo passo, proprio come se si fosse stati presenti, partecipando con gli occhi e con il cuore ala tragedia della passione, raffigurata con immagini potenti e drammatiche.
L'Ultima Cena (cappella 20)
Cristo condotto al Pretorio (cappella 32) - foto di Roberto Rosso