L'attuale assetto geomorfologico dell'area in esame è il risultato
dell'effetto combinato di alterne vicende climatiche di varia intensità
che si sono imposti negli ultimi millenni ed hanno direttamente
interagito sulla rete idrografica.
L'assetto geologico è caratterizzato dalla struttura del bacino di avanfossa padano (Alpine Homocline),
caratterizzata da potenti sequenze di sedimenti marini ed alluvionali
soggetti a significativi fenomeni di subsidenza: in genere i sedimenti
più grossolani (le ghiaie e le sabbie dei canali d'alveo e delle aree
immediatamente limitrofe), man mano che si consolidano, anche per
effetto del peso, relativo al continuo apporto sedimentario, sono
soggetti ad un minor schiacciamento rispetto a quelli limoso-argillosi
delle zone interfluviali.
In superficie la conformazione del rilievo
acquista un andamento leggermente ondulato in corrispondenza dei corsi
d'acqua, e dei paleoalvei e aree vallive, depresse e più o meno ampie,
nelle zone interfluviali. Nel tratto che interessa il Parco, il Po
presenta un tracciato con una larghezza media di circa 250-300 metri.
Il
canale principale del Fiume Po è limitato da importanti opere spondali
che hanno ormai quasi completamente conseguito la loro funzione di
stabilizzazione del tracciato planimetrico. Il Parco si sviluppa
all'interno della fascia di meandreggiamento del Fiume Po. Gli argini
artificiali costituiscono un limite fisico di separazione tra le zone
morfologicamente attive (aree golenali) e quelle passive (aree
extragolenali).
Le aree perifluviali sono caratterizzate da una
dinamica evolutiva molto ridotta, riconducibile esclusivamente
all'attività umana. Nel complesso il paesaggio delle aree perifluviali
è profondamente condizionato dai secolari interventi di bonifica
agraria, infrastrutturazione, insediamento e regimazione idraulica.
Generalmente l'assetto del rilievo è caratterizzato da lievi
depressioni nel piano campagna. Lungo tali drenaggi naturali sono
impostate lanche terminali o relitte, oppure canali artificiali. La
superficie del suolo è generalmente, in relazione agli inter venti di
bonifica agraria succedutesi negli ultimi secoli, parcellizzata in
appezzamenti di terreno regolari con andamento nastriforme, adattati
per fettamente all'andamento del precedente tracciato fluviale. I dossi
fluviali costituiscono strutture positive, rappresentate da lievi
rilevati, convessi verso l'alto e sospesi di alcune decine di decimetri
dal piano basale della pianura. Geometricamente presentano una forma
elissoidale allungata e si sviluppano arealmente con superficie molto
variabile, in relazione al corso d'acqua che li ha generati.
I
dossi fluviali si distinguono dalle aree circostanti anche perla
litologia del substrato sottostante il terreno agrario,mediamente più
grossolana. Nel Parco è presente un unico sistema di dosso fluviale che
contraddistingue il tracciato del Morbasco e le aree attigue.
Invece di un mantello forestale esteso troviamo lembi di bosco
sviluppatisi in terreni marginali, che si raccordano agli impianti
arborei,sia di pioppi che di specie forestali.
Le specie principali sono quelle tipiche della Pianura Padana: la farnia (Quercus robur), l'olmo campestre (Ulmus minor) ed il salice bianco (Salix alba). Frequente anche una specie di origine americana, da secoli naturalizzata e comune in Italia settentrionale, la robinia (Robinia pseudoacacia).
Lo strato arbustivo è in genere ben sviluppato e ricco di specie, come il sambuco (Sambucus nigra) ed i rovi (Rubus caesius e Rubus ulmifolius). Nello strato erbaceo compaiono il favagello (Ranunculusficaria), l'attaccaveste (Galium aparine), e, in situazioni igrofile (cioè di maggiore umidità del suolo) varie carici e il campanellino estivo (Leucojum estivum).
Più
contenute sono le fasce arboree-arbustive, non più profonde di qualche
metro, che si sviluppano lungo le strade campestri gli argini e le rive
dei corsi d'acqua. Le specie presenti sono le stesse dei boschetti, a
cui si aggiungono pioppi (Populus sp.pl.), l'acero campestre (Acer campestre), il ciliegio (Prunus avium). Compaiono anche numerose specie naturalizzate, di origine colturale, come il noce (Juglas regia), il melo (Malus domestica), il gelso (Morus alba), oppure ornamentale, come il platano (Platanus hybrida) e l'americano acero negundo (Acer negundo). Lo strato arbustivo, che si sviluppa all'ombra delle specie maggiori,è costituito da prugnolo (Prunus spinosa), sanguinello (Cornus sanguinea),
rovi e sambuco. Sono frequenti anche le specie lianose e rampicanti, a
dare un aspetto "selvaggio" ed intricato a queste foreste in miniatura.
A livello del suolo la vegetazione presenta la graminacea Brachypodium sylvaticum, la viola (Viola odorata), l'erba maga (Circea lutetiana),
una specie considerata rara nella Pianura Padana, che ha nel Parco una
tra le stazioni più meridionali della provincia di Cremona.
La presenza invece di favagello, ortica (Urtica dioica) e parietaria (Parietaria officinalis), specie nitrofile, amanti dei suoli ricchi di azoto, indica aree disturbate dall'intervento umano.
Anche
se non improntate ad una elevata naturalità, le condizioni di
boschetti, filari e siepi del Parco sono suf ficientemente articolate
per offrire condizioni di vita ideali per moltissime specie di uccelli.
La specie simbolo per gli ambienti boschivi potrebbe essere considerata il picchio rosso maggiore (Picoides major).Gli altri due picchi che si osservano nel Parco, in particolare lungo le rive boscate del Morbasco, sono: il picchio verde (Picus viridis) scava il nido, ma poi si ciba di insetti, specialmente formiche; il torcicollo (Jynx torquilla),
un visitatore estivo, non è nemmeno in grado di scavare ed utilizza
cavità esistenti, quasi esclusivamente in vecchi alberi da frutta e
nidi artificiali. Le fasce boscate del parco attirano anche i
predatori: quattro specie di rapaci diurni censite durante il periodo
riproduttivo, anche se non confermate come nidificanti, sono legate
infatti alle formazioni forestali, almeno per la costruzione del nido.
Lo sparviero (Accipiter nisus), un cacciatore di piccoli uccelli, utilizza il bosco anche per la caccia, la poiana (Buteo buteo), il gheppio (Falco tinnunculus) ed il lodolaio (Falco subbuteo).
Le zone più intricate nascondono il nido di molte specie di passeriformi: il piccolissimo scricciolo (Troglodytes troglodytes), il pettirosso (Erithacus rubecula), il merlo (Turdus merula), la capinera (Sylvia atricapilla) e il luì piccolo (Phylloscopus collybita).
Se
allo sguardo distratto e lontano dell'automobilista le piantagioni di
pioppi appaiono come boschi in piena regola, compatti e rigogliosi a
chiudere l'orizzonte, basta addentrarcisi per notare subito come una
caratteristica fondamentale delle cenosi boschive sia assente: la
stratificazione delle specie vegetali. Anche per gli uccelli le
pratiche colturali sul suolo del pioppeto impediscono l'insediamento di
molte specie; tra le poche che riescono a nidificarci c'è il fagiano.
Le poche specie presenti per costruire il nido utilizzano il tronco,
come il picchio rosso maggiore, o le chiome, come l'ubiquitaria
cornacchia grigia o il gufo comune (Asio otus).
Se si esclude il Po, tutti i corpi d'acqua presenti nel Parco presentano le medesime condizioni ambientali: fondali fangosi e poco profondi (da mezzo ad un metro alla fine dell'estate) e corrente debole o nulla, condizioni che favoriscono una vegetazione acquatica relativamente ricca. Dove non c'è corrente in superficie si formano fitti tappeti di lenticchia d'acqua (Lemna gibba e L.minor). La fitta vegetazione delle rive del Po, del Morbasco e del Cavo Morta nasconde il nido del germano reale (Anas platyrinchos); negli stessi luoghi vive e si riproduce la gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), un rallide dalle lunghe dita, con cui cammina sulla vegetazione gallegiante. Un'altra specie che potrebbe insediarsi nel Parco è il cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus), una specie in espansione in pianura, che sia adatta a zone umide artificiali quali risaie, bacini di decantazione di zuccherifici e porcilaie, campi allagati. Nelle alte erbe che coprono le sponde nidificano la cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris) e l'usignolo di fiume (Cettiacetti) dal canto esplosivo.
Nelle situazioni a maggior grado di umidità del suolo le specie
dominanti sono le carici; questa tipologia vegetazionale, che prende il
nome di cariceto si riscontra raramente per l'intero corso cremonese
del fiume Po. Vi compaiono specie di elevato interesse botanico come il
campanellino estivo (Leucojum aestivum), specie protetta di
cui è vietata la raccolta anche di un solo esemplare. Ancora agli inizi
degli anni novanta era numeroso nel Parco, in un prato umido torboso la
cui estensione è stata progressivamente erosa da operazioni di deposito
inerti e bonifica.
Oggi ne sopravvivono ancora diversi cespi. Le
specie di uccelli che scelgono cariceti ed incolti umidi non sono
molte; le due più caratteristiche sono il beccamoschino (Cisticola juncidis),
un piccolo passeriforme palustre che segnala il suo territorio con un
volo ondulato in cui ad ogni onda corrisponde una brevissima nota, e la
cutrettola (Motacilla flava), piuttosto comune in tutte le
cenosi erbacee. Potenzialmente questi ambienti potrebbero ospitare
altre specie interessanti, ad esempio il migliarino di palude (Emberiza schoeniclus), presente ma non nidificante, o l'albanella minore (Circus pygarcus),
un grande rapace che si riproduce in alcune aree umide lungo il Po, e
che in cariceti più estesi e indisturbati di quelli presenti nel Parco
potrebbe eleggere la sua dimora.
Lungo il Po, dove sono presenti
opere di protezione spondale domina, spesso in formazioni pure, che
escludono altre specie, il luppolo asiatico (Humulus scandens), una specie invadente in netta espansione.
Gli ampi greti ghiaiosi e sabbiosi al margine del corso del Po,
periodicamente inondati dalla corrente, ospitano popolamenti vegetali
pionieri effimeri, in quanto il continuo rimaneggiamento del suolo da
parte delle piene impedisce l'affermarsi di comunità stabili.
Si
tratta di vegetazione rada, poco variata, con specie annuali dal ciclo
vegetativo breve, in prevalenze igronitrofile, cioè legate a suoli
umidi e ricchi di sostanze azotate. Dove il suolo è ghiaioso, l'elevata
permeabilità determina in estate condizioni di estrema aridità, anche
se la falda acquifera è appena a pochi decimetri di profondità. In
queste situazioni compaiono specie xerofile.
Indicatrici del
disturbo a cui le piene sottopongono continuamente il greto sono un
gruppo di specie ad ampia valenza ecologica od alloctone. Meritevole di
segnalazione la specie Bidens cernua, rara nella pianura Padana e
osservabile nel Parco alla foce del Morbasco.
Quando
parti del greto risultano meno esposte all'impeto delle piene si
dovrebbe assistere all'insediamento di salici arbustivi, in grado di
consolidare i suoli e avviare una stabilizzazione della vegetazione. I
greti sabbiosi o ghiaiosi lungo il Po erano fino a non molti anni fa
terreno di nidificazione di moltissime coppie di caradriformi.
L'accesso ai greti da parte di automezzi e la predazione esercitata da
cani, corvidi e gabbiani reali sta causando la diminuzione delle
colonie e delle coppie nidificanti di queste specie. Il gabbiano reale (Larus cachinnans) ha colonizzato le rive sabbiose e la base delle scarpate a margine del Po.
Argine maestro e argini golenali ospitano una ricca vegetazione di tipo
prativo lungo le scarpate, i ripiani intermedi e il piano culminale
degli stessi,che grazie al regolare sfalcio delle superfici, unito
all'assenza di concimazione, presenta caratteristiche tipiche di prati
stabili magri, con numerose specie rare ed interessanti.
Mentre alcune specie sono comuni durante l'intera stagione vegetativa, come Salvia pratensis, Agropyron repens, Galium mollugo,
si osservano poi aspetti differenziati in base alle stagioni: in
primavera dominano le graminacee. L'estrema variabilità del suolo, che
permette di riscontrare situazioni umide con Solidago gigantea e Stachys palustris adiacenti a stazioni marcatamente aride con Ononis spinosa, Eryngium campestre, Arenaria serpillifolia,
determina una notevole ricchezza floristica, tanto che circa il 40%
della flora del Parco vegeta sugli argini. Tra gli elementi più impor
tanti ricordiamo l'orchidea Orchis purpurea, specie protetta e rarissima in pianura. Altre specie rare per la pianura sono Festuca rubra, Bromus inermis, Carex tomentosa, Ajuga genevensis e Potentilla recta.
La
ricchezza di specie di questi ambienti è preservata dallo sfalcio
periodico, che preclude l'evoluzione verso cenosi arbustive e poi
boschive, come è possibile osservare in alcuni punti dove vegetano
formazioni con biancospino (Crataegus monogyna), prugnolo, robinia e farnia.
Anche
dal punto di vista avifaunistico i prati golenali ed arginali si
rivelano estremamente interessanti ed importanti,ospitando una serie di
specie un tempo tipiche della campagna tradizionale, quella in cui a
prati stabili e campi di cereali si alternava un tessuto arboreo fatto
di siepi,filari di gelsi, viti maritate. Tipiche degli aspetti
ambientali più aperti sono l'allodola (Alauda ar vensis) e la cappellaccia (Galerida cristata),
passeriformi che nidificano al suolo. Lo stesso habitat occupano il
fagiano, specie che si adatta facilmente a molti ambienti agresti, e la
quaglia (Coturnix coturrnix), più esigente e non ancora accertata come nidificante.
Dove sono presenti cespuglieti a prugnolo e biancospino si insediano
alcune specie che costruiscono il nido tra i rami spinosi, al riparo
dei predatori, per poi cacciare insetti tra le erbe: la sterpazzola (Sylvia communis), l'averla piccola (Lanius collurio),
un piccolo predatore mascherato di ortotteri (grilli e cavallette) e
coleotteri, ormai in grave rarefazione per la scomparsa dei suoi
ambienti preferiti; il saltimpalo (Saxicola torquata), un
piccolo uccello colorato che caccia facendo la posta dalla cima di
paletti o dal ramo più alto di rovi, rose canine e bassi cespugli.